OMELIA DEL VESCOVO GIULIANO OMELIA NEL GIORNO DI PASQUA – Cattedrale di Vicenza, 9 aprile 2023

Letture: Mt 28,1-10; Sal 117; Col 3,1-4; Gv 20,1-9

 

È risuonata in mezzo a noi la testimonianza dell’apostolo; forse con meno semplicità di un tempo perché qui siamo in una solenne cattedrale mentre Pietro parlò nella familiarità della casa di Cornelio. In casa racconta la sua esperienza: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea […] come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. Pietro ha davvero condiviso con Gesù alcuni anni della sua vita: ha ascoltato la sua voce, ha assistito a interventi di guarigione, ha scoperto come viveva Gesù la relazione con il Padre. Ma la sua esperienza ha un passaggio davvero drammatico: Essi [i Giudei] lo uccisero appendendolo a una croce. Tutto questo si può dimostrare con la storia e con i segni che Gesù ha lasciato in Palestina. Quello che con più difficoltà può essere accolto, è il seguito delle parole di Pietro: ma Dio ha risuscitato [Gesù] al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. La risurrezione è affidata alla testimonianza di alcuni. Maria di Magdala, Pietro e gli altri apostoli, Maria la madre di Gesù. A loro Gesù Crocifisso si è manifestato come Risorto, in brevi ma intensi incontri che i vangeli ci fanno conoscere.

Pietro non vuole fare un discorso. Non è tipo da grandi discorsi. È Cornelio che lo spinge a parlare. Pietro vuole rendere partecipi quelli che lo ascoltano, e noi con loro, di un’esperienza che lui ha vissuto. Un’esperienza che cambia totalmente la vita: dal torpore della vita quotidiana la solleva verso l’eternità. E noi oggi abbiamo la possibilità di prendere parte a quell’esperienza di morte e risurrezione. Nell’annuncio che con grande trepidazione Pietro ha condiviso, sta tutta la Pasqua di oggi. Quella Pasqua continua a stupire, coinvolgere, cambiare la vita… fino ai nostri giorni. E questo grazie a un fatto: il Padre ha risuscitato Gesù, dalla morte e dalla sua discesa agli inferi, per liberare tutti i giusti che là giacevano. Li ha presi per mano e li ha portati con sé.

Oggi celebriamo la vicenda del chicco di frumento che inabissato nella terra dalla cattiveria degli uomini, muore e germoglia a vita nuova. Da quel chicco è sbocciata la primavera per l’intera umanità. E noi possiamo ancora sperare.

Come si è aperta alla speranza Anna, giovane di 23 anni, di padre musulmano e madre cattolica. Ha chiesto di diventare cristiana in questa notte di Pasqua a Breganze. I genitori decisero di non battezzarla da piccola, ma – come mi ha scritto – ha sentito subito parlare di Gesù. «Quando ero bambina dei missionari vennero nella mia scuola per parlarci di Gesù e della fede. Durante l’incontro, delle parole in particolare mi rimasero impresse: Dio ci vede sempre e ovunque. All’epoca rimasi un po’ spaventata da questo Dio che sapeva tutto di me. Ora però ho capito che non mi guarda per giudicare i miei errori, ma mi ama incondizionatamente anche quando sbaglio». Anna, che non partecipò al catechismo, è andata volentieri all’ACR di Sarcedo.

Durante la chiusura in casa nel tempo di pandemia, si è avvicinata a Dio con la preghiera. E così ha chiesto di fare l’esperienza dell’Amore di Dio, un’esperienza che cambia la vita, grazie al dono del Battesimo.

In che cosa consiste questo cambiamento? Ce lo hanno ricordato sia Maria di Magdala sia l’apostolo Paolo.

Maria di Magdala ce lo dice con una esperienza: va al sepolcro e lo trova aperto e vuoto. Perciò corre a chiamare Pietro e il Discepolo amato i quali a loro volta corrono e pure loro vedono la tomba aperta. Vedono anche i teli con i quali Gesù era stato avvolto piegati a parte. Inizia un nuovo cammino con il passaggio dalle tenebre del dolore e della morte alla novità che solo il Figlio di Dio è stato in grado di portare nel nostro mondo: la risurrezione. Inizia la fede in un Dio che è presente e vivo nella storia degli uomini.

Anche San Paolo ha confermato questa prospettiva nuova: Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Diorisorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo. La nostra vita di battezzati è nascosta con Cristo, sepolta con Lui. Per questo è una vita in continuo movimento: dalle tenebre alla luce.

È ciò che sta vivendo Suor Maria Simona Vinci, delle suore della Divina Volontà. Giovane di 37 anni missionaria a Timor Est in Indonesia. «Ogni giorno affrontiamo il buio che avvolge completamente le montagne, – scrive nel nostro settimanale diocesano – impariamo una parola nuova in “tetum” la lingua del posto, cerchiamo di instaurare relazioni di vicinanza e fiducia con la popolazione. [Una realtà difficile] Tanta povertà, in tutte le sue forme, precarietà della vita, case fatiscenti». Lei e le consorelle affrontano con un popolo povero il buio di povertà economiche, di strade inagibili, di scarsità lavorative e scolastiche, per accogliere la luce di Cristo che vive in mezzo a questo popolo e dona loro speranza di risurrezione.

Una speranza che noi vogliamo ravvivare in questo nostro tempo. San Giovanni XXIII l’11 aprile di 60 anni fa – era il giovedì santo – pubblico uno scritto che possiamo definire pasquale, rivolto “a tutti gli uomini di buona volontà”: la Pacem in terris. Alcuni mesi prima si era sfiorato lo scoppio di una terza guerra mondiale. Era la cosiddetta “crisi di Cuba”, con la contrapposta minaccia nucleare tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica. Papa Giovanni portava nel cuore il primo dono del Signore risorto: la pace per l’intera umanità. Oggi, in un contesto mutato, ma segnato da “una terza guerra mondiale a pezzi”, quello scritto rimane profetico. E ci induce a rinnovare la fede nel Signore risorto, vittorioso con il suo Amore su ogni forma di violenza. La fede alimenta la speranza nella pace possibile oggi. La speranza dona forza per vivere all’insegna della carità che è amore incondizionato, a partire dai nostri piccoli gesti quotidiani e pure in quella alta forma di carità che è la politica.

 

† vescovo Giuliano