Letture: Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15
Siamo qui riuniti insieme per vivere con Gesù la sua ultima Cena con i discepoli, uomini e donne, e tutti noi. Entriamo nell’intimità con Lui che avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine. Siamo qui per accogliere l’esperienza più grande dell’amore.
E non ci sfugga che proprio nella notte in cui veniva tradito Gesù prese del pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e disse “Questo è il mio corpo, che è per voi”. E prendendo il calice Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. Gesù ha un atteggiamento molto diverso dal nostro. Noi, di solito, prima riceviamo qualche dono e poi ringraziamo. Gesù prima rende grazie al Padre e poi riceve in dono la risurrezione dalla morte. Aveva fatto questo anche in occasione della risurrezione dell’amico Lazzaro. Prima aveva reso grazie al Padre che provvede sempre al bene dei suoi figli e poi lo fa ritornare in vita. Gesù ha una fiducia incrollabile nel Padre. È sempre certo che il Padre agisce in suo favore. Noi, invece, facilmente dubitiamo che ci sia vicino, che si prenda cura di noi quando stiamo male o siamo in difficoltà. A noi è più spontaneo aspettare che tutto vada bene e semmai poi ci ricordiamo di rendere grazie a Dio.
Gesù ci fa entrare nella sua vita unendoci al Padre, consegnandosi come cibo per riversare su di noi tutto l’Amore di Dio e così creare relazioni di profonda comunione tra di noi. Egli ha desiderato unire il gesto della Cena che anche noi faremo qui attorno all’altare, con la partecipazione alla sua passione – morte e risurrezione. Ha voluto lasciarci un gesto da compiere che non fosse di violenza come quanto hanno fatto gli uomini su di Lui. Ha voluto che noi partecipassimo al suo sacrificio sulla croce assaporando solo la grandezza dell’Amore di Dio e non la cattiveria degli uomini che si è abbattuta su di Lui. Ha voluto che noi potessimo nutrirci del Suo Amore con il pane e il vino raggiunti dallo Spirito Santo e così resi partecipi della sua condizione di Signore Risorto.
In quella Cena, egli ha compiuto un gesto straordinario che noi rinnoveremo tra poco. Si è cinto del grembiule e inginocchiandosi come gli schiavi nei confronti dei loro padroni ha lavato i piedi ad uno ad uno dei suoi discepoli. Lui, il Maestro e Signore della storia, si è fatto servo. Perché questa umiliazione? Per portare in mezzo agli uomini la legge della carità e dell’amore. Non c’è nessuno che sia più importante degli altri. Siamo tutti figli amati da Dio. Tutti come il discepolo amato. Nella comunità dei cristiani tutti sono degni di essere rispettati nel loro mistero di vita. Tutti senza distinzioni. Semmai una attenzione in più da avere è verso coloro che hanno di meno o hanno avuto di meno nella vita e sono i privilegiati dell’Amore di Dio.
È un modo nuovo di vivere. Una comunità nuova. Un regno dei cieli che inizia su questa terra. Non c’è qualcuno che ha potere e gli altri sono sudditi. Non c’è qualcuno che deve essere stimato più degli altri. Non ci sono classi sociali con qualcuno che viene prima e qualcun altro viene dopo. Ne abbiamo un esempio nelle Casa famiglia che don Oreste Benzi ha promosso e con il suo carisma continua a promuovere in tante parti del mondo.
Ho voluto che fossero questa sera in mezzo a noi. In queste case famiglia c’è posto per tutti e c’è una speciale attenzione per coloro che la società emargina. Non sono persone perfette. Sono uomini e donne che hanno scoperto l’Amore di Dio e ogni giorno creano alleanza con il Signore per vivere l’amore fraterno. E ricevere forza proprio dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio che condividono quotidianamente.
Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto a voi.
† vescovo Giuliano