Breve meditazione in occasione dei II Vespri della solennità di tutti i Santi e la benedizione delle tombe dei defunti Cimitero della città di Vicenza, 1 novembre 2024
Breve meditazione in occasione dei II Vespri della solennità di tutti i Santi
e la benedizione delle tombe dei defunti
Cimitero della città di Vicenza, 1 novembre 2024
Lettura: Mt 5,1-12
Quando conclude la sua esistenza una persona cara c’è un sentimento naturale che ci prende: la solitudine. La persona non abita più la nostra vita terrena e abbiamo tutta la sensazione di averla persa: non c’è più. Quel senso di vuoto da che cosa è generato?
Dalla percezione che la morte sia la conclusione di tutto. Talora ci fa impressione anche restare accanto ad una persona cara defunta perché il suo corpo freddo sembra raggiungerci. La solitudine è generata da relazioni che sono diventate gelide. E la morte percepita così genera angoscia, un piccolo inferno.
Nell’Antico Testamento il termine per indicare il regno dei morti è lo stesso che designa l’infermo: sheol. L’angoscia avvertita in noi dall’esperienza della morte non può essere cacciata dalla ragione. «Quest’angoscia infatti non ha un oggetto a cui si possa dare un nome, ma solo l’estraneità della nostra solitudine ultima» (J. Ratzinger, Sulla settimana santa, p. 35). Non c’è ragione che possa allontanare l’angoscia della morte; ciò avviene colo con la presenza di una persona che ci vuole bene.
Abbiamo ascoltato il Vangelo delle beatitudini. Esso esprime la “buona notizia” della vicinanza del Figlio di Dio a tutte le condizioni più umilianti che l’uomo possa subire.
Cristo Gesù si è fatto povero perché tutti i poveri potessero sentirsi compresi in Dio.
Cristo Gesù ha versato lacrime e sudato sangue nell’orto degli ulivi perché quanti affrontano la paura della morte lo potessero sentire vicino.
Cristo Gesù è stato mite e umile di cuore, e quanti non si impongono con forza sugli altri trovano coraggio.
Cristo Gesù è sempre stato assetato e affamato di giustizia, cioè di comprendere e compiere la volontà del Padre; così può essere compagno di viaggio per coloro che cercano una vita buona e non trovano la strada.
Cristo Gesù ha manifestato il volto “ricco di misericordia” del Padre, perché quanti sono angosciati del male commesso potessero trovare perdono risanante.
Cristo Gesù ha manifestato il suo cuore puro in quotidiana contemplazione del Padre, così che i cuori inquieti in Lui possano trovare pace.
Cristo Gesù non ha scaricato con violenza sugli altri le ingiustizie che subiva anche nel momento della sua passione, ma sempre ha cercato di operare la pace, così che lo potessero sentire presente tutti coloro che subiscono gravi ingiustizie.
Nella sua passione Cristo Gesù ha subito la condanna a morte più infamante con la crocifissione per scendere nella solitudine della morte – nel credo confessiamo che Gesù è disceso agli inferi – e attraversarla con un cuore pieno di amore e perdono.
La morte non è più la stessa da quando Gesù l’ha subita, accolta e attraversata per aprire definitivamente i cieli che erano stati chiusi a causa del peccato di Adamo. Nell’oscurità infernale della morte Cristo ha acceso una luce: Dio ha condiviso la nostra condizione mortale e ha spezzato la catena della morte. Siamo qui oggi, in compagnia dei santi, per confessare che Cristo è disceso agli inferi per liberarci dalla paura della morte e renderci capaci di amare anche nell’ora della nostra morte, restituendoci ad una relazione di amore anche per i nostri cari che ci hanno lasciato.