OMELIA nella celebrazione Eucaristica della Solennità della NATIVITÁ DELLA BEATA VERGINE MARIA, Patrona principale della Città e della Diocesi di Vicenza, sotto il titolo di “MADONNA DI MONTE BERICO”
Monte Berico, 8 settembre 2024
Letture: Mi 5,1-4; Sal 86; Rm 8,28-30; Mt 1,1-16, 18-23
Le promesse
Il profeta Michea rivolge agli abitanti di Gerusalemme una severa condanna dell’ingiustizia sociale, denuncia l’oppressione verso i deboli che vengono abbandonati a se stessi e contesta duramente la corruzione dei capi e dei magistrati. Nello stesso tempo non risparmia critiche altrettanto severe nei confronti delle autorità religiose, sacerdoti e profeti, che per assicurarsi interessi personali non predicano secondo la volontà di Dio.
Ma non si ferma alla denuncia. Egli ha anche parole di consolazione e la profezia più conosciuta è quella che abbiamo ascoltato nella prima lettura: da Betlemme uscirà il dominatore di Israele. Annuncia da parte di Dio la venuta del Messia.
Il popolo d’Israele conoscerà la deportazione e la condizione di essere governato da altri fino a quando non si realizzerà la promessa di Dio: fino a quando partorirà colei che deve partorire. Sarà grazie a quel parto che Israele finalmente troverà libertà, sicurezza nelle proprie case e lungo le vie; addirittura Dio stesso sarà la pace.
Se facciamo attenzione si tratta di promesse. Il profeta parla a nome di Dio ma al futuro.
Ed è vero che nella nostra vita quotidiana sono presenti molte promesse. Ad esempio quando si prende liberamente un impegno verso una persona o una comunità che può trovare esplicitazione con un giuramento verbale o addirittura con un testo scritto come avviene in ambito giuridico o economico (promessa bancaria).
In forme diverse ma sempre presenti vi è pure la “promessa di matrimonio” che impegna a restituire i doni ricevuti in occasione della promessa qualora questa non si realizzasse.
Le promesse dei figli nei confronti dei genitori: “ti prometto che mi impegnerò di più a scuola”. È segno di credibilità mantenere le promesse: è entrato nel nostro modo di dire che “ogni promessa è un debito”. Ma c’è – e non è poco diffusa – quella che Dante chiama “Lunga promessa con l’attender corto”, per affermare “il prometter molto mantenendo poco”. Spesso nelle campagne elettorali si eccede molto in promesse con l’immediato entusiasmo degli elettori in seguito delusi.
Perché gli abitanti di Gerusalemme avrebbero dovuto dare credito al profeta Michea, tenendo desta la speranza che un giorno giungerà il Messia?
La risposta si incontra nel corso della storia della salvezza: perché Dio non è come gli uomini. Dio è Dio e mantiene la promessa fatta un tempo ad Abramo. Come ha mantenuto la promessa fatta a Mosè di liberare il popolo dalla schiavitù di Egitto. Più volte nell’Antico Testamento gli ebrei sono chiamati figli della promessa. Figli della promessa fatta ad Abramo che ha avuto solo un figlio ma una grande discendenza.
Al tempo di Michea i capi, i magistrati e perfino le autorità religiose non hanno accolto il messaggio promettente che li avrebbe condotti a cambiare atteggiamento soprattutto verso i poveri e gli emarginati.
Ma una giovane donna di nome Maria, era solita meditare le sacre Scritture e sapeva che Dio è in grado di mantenere le sue promesse. Perciò con grande tremore ma radicata umiltà, accoglie le parole dell’angelo Gabriele e si fida di Dio.
Come può capire Maria che davvero si stanno realizzando in lei tutte le promesse di Dio? Ce lo ha ricordato l’evangelista Matteo descrivendoci la genealogia di Gesù che partendo dal primo dei credenti, Abramo, giunge a Giacobbe il quale generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Il Messia doveva discendere da Abramo e da Davide. Ed è così che si stanno realizzando le promesse di Dio. Ed è lo stesso evangelista a concludere il racconto della vicenda di Giuseppe che sposa Maria affermando: Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta [Isaia]: “Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele”, che significa Dio con noi.
Maria si fida delle promesse di Dio – e a lei si unirà anche Giuseppe dopo un primo tentennamento – perciò Maria diventa una donna credibile. Maria non è una credulona che fideisticamente crede a tutto ciò che gli viene detto. Maria è donna credente perché radicata nella meditazione della storia santa di salvezza; perciò è riconosciuta come donna credibile e a lei ci si può affidare. Proprio perché conosce dagli eventi della storia che Dio è fedele alle sue promesse, le accoglie e diviene donna di speranza.
Possiamo chiederci: se non ci viene davvero più facile oggi inseguire facili promesse umane rimanendo sordi alle grandi promesse di Dio; ci appaiono così lontane quelle di Dio!
Per noi Maria è stella di speranza perché ha scoperto che, diversamente dagli uomini, Dio è fedele alle sue promesse. Lei, accogliendole con grande umiltà, è divenuta partecipe in modo singolare della storia della salvezza, donandoci il Figlio di Dio che libera l’uomo da ogni forma di dipendenza e di schiavitù.
Come lei, è possibile anche per noi, se le accogliamo, adempiere in questo nostro tempo le promesse di Dio. Per questo la invochiamo sul nostro cammino “ora e nell’ora della nostra morte”.
† Giuliano Brugnotto
vescovo di Vicenza