OMELIA nella festa della BEATA VERGINE MARIA DI MONTE BERICO Vicenza, 25 agosto 2024

OMELIA nella festa della BEATA VERGINE MARIA DI MONTE BERICO

Vicenza, 25 agosto 2024

Letture: Sir 2,6-11.18; Sal. 103; Gal 4,4-7; Gv 19,25-27

Il popolo vicentino, per mettersi sotto la protezione della Madonna, nel 1428, pose la prima pietra di questo Santuario. Intendeva così esaudire un voto ed esprimere la propria riconoscenza alla Beata Vergine Maria per aver debellato la peste. Ed è così che questo luogo è divenuto un riferimento stabile o saltuario per molte persone desiderose di pace, guarigione, riconciliazione.

Cinquecento anni dopo, il 25 agosto 1900, il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, divenuto in seguito papa Pio X, pose una corona preziosa sul capo della Vergine. Gesto che venne rinnovato nel 2000 allorquando le diocesi del Triveneto donarono una nuova corona.

Vi è dunque una lunga tradizione di affidamento a Maria da parte dei fedeli, delle autorità cittadine, dei Servi di Maria che offrono il loro quotidiano servizio pastorale in questo santuario, di associazioni come l’Azione Cattolica. Siamo tanto riconoscenti ai Servi di Maria e a tutti gli altri sacerdoti e diaconi che prestano il loro servizio in questo luogo di preghiera, soprattutto nel sacramento della riconciliazione.

Nell’anno del Giubileo della Redenzione che avrà inizio il prossimo 28 dicembre, questo Santuario, insieme ad altri, sarà il principale santuario mariano giubilare, dove i fedeli potranno accogliere il dono dell’indulgenza plenaria.

Sarà, dunque, un luogo di riconciliazione personale e comunitaria.

Qui si potrà salire per iniziativa individuale, per incontrare Maria e invocare il suo aiuto; qui si potrà accogliere la misericordia divina confessando i propri peccati e fragilità nel sacramento della penitenza; qui si potrà prendere parte al banchetto dell’Eucaristia per ricevere forza e una volta ristorati riprendere con vigore il cammino della vita.

Ma a questo santuario si potrà giungere anche in famiglia, la piccola chiesa domestica, e pure con una parrocchia. E tutti insieme rinnovare la professione di fede nel Figlio di Maria che conduce al Padre e dona lo Spirito. Insieme chiedere perdono per le offese alla comunione, perché siamo noi con le nostre gelosie ad alimentare il conflitto e la divisione della famiglia umana che Dio ha voluto unita.

Qui, ai piedi di Maria, potremo rivolgerci a suo Figlio confessando a Dio anche i peccati sociali, cioè quelle strutture e istituzioni che sono contrarie alla bontà di Dio e allo sviluppo dell’uomo: il caporalato, la tratta degli esseri umani, la violenza sulle donne, lo sfruttamento della terra senza scrupoli inquinando l’acqua e l’aria – beni fondamentali per la vita degli esseri umani -, le guerre che distruggono persone e cose, soprattutto tanti e troppi innocenti.

Confessiamo tutto questo per ritrovare il nostro vero volto che è quello di figli amati da Dio. L’apostolo Paolo ce lo ha ricordato con un paragone tratto dagli usi giuridici.

Egli afferma che quando un erede è minore, la sua condizione non è per nulla differente da quella dello schiavo. Infatti sia il minore che lo schiavo dipendono da un altro: il minore da un tutore che amministra per lui, lo schiavo dipende dal suo padrone in tutto. Al giorno d’oggi non solo i minori ma anche alcuni anziani hanno bisogno di un tutore che amministri i loro beni.

Ma quando nella pienezza dei tempi Dio mandò suo figlio, nato da donna, per riscattarci dalla dipendenza altrui ed essere, invece, adottati come figli propri da Dio. E il segno che siamo figli sta nell’aver ricevuto in abbondanza lo Spirito Santo che prega dentro di noi e invoca Dio non con il nome di “padrone” o quello nobile di “re” o “principe”, bensì con la parola che esce dalla nostra bocca fin da quando siamo piccoli: “papà” – “abbà”. Quanta confidenza! Quanta familiarità!

E siamo figli amati e mai lasciati soli perché dall’alto della croce, nel momento supremo dell’amore divino, Gesù ha voluto consegnare sua madre al figlio: donna ecco tuo figlio… figlio ecco tua madre.

Veniamo qui al santuario per ritrovare il nostro vero volto di figli amati dal Padre e figli affidati alla custodia della Madre di Gesù. Per vivere nella libertà. San Paolo lo sottolinea con forza. Figli liberi vuol dire che non dipendono da nessuna cosa o persona. Non vivono dipendenze da sostanze, da persone, da strutture inique.

Accogliamo dunque Maria, come fece il discepolo amato sotto la croce. La accolse nella sua casa, tra le realtà più preziose. Accogliamo anche noi Maria tra i nostri affetti più cari. Lei è stata madre perché figlia libera da ogni forma di schiavitù. Non dimentichiamo che anche nei tempi della prova Lei si è sempre sentita figlia amata dal Padre attendendo grazie più grandi come l’essere Assunta presso suo Figlio.

“Vergine Madre, figlia del tuo stesso figlio,
umile ma glorificata più di ogni altra creatura,
termine fermo della Sapienza eterna,
tu sei colei che nobilitò a tal punto
la natura umana, che Colui che la creò
non disdegnò di diventare anch’Egli creatura.
… in te misericordia, in te pietà,
in te magnificenza, in te è presente
tutto quello che esiste di buono nelle creature.

 

† vescovo Giuliano